Napoli tra le mani

L'iniziativa: rendere fruibili i luoghi d'arte ai cittadini con disabilità

    di Maria Regina De Luca

L’esemplare convegno "Napoli tra le mani" del 16 dicembre a Villa Pignatelli ha visto riconfermare il protocollo d’intesa tra la Federazione italiana per il superamento degli handicap, sezione napoletana, presieduta da Daniele Romano, e l’esponenza culturale della città, dalle Università ai Musei alle Associazioni ai luoghi di cultura. Il fine dell’organizzazione è quello di rimuovere le barriere e gli ostacoli di ogni tipo che possano impedire a portatori di handicap l’accesso ai luoghi d’arte e ai tanti tesori accumulati in millenni di cultura e di storia.

Nonostante la sua pregnante importanza, l’iniziativa ci porta a riflettere su come si viva oggi, senza che nessuno se ne meravigli, controsenso e contromano nella nostra città. Ogni tanto, i suoi fasti passati vengono opportunamente spruzzati sull’opinione pubblica come un etere smemorante da chi ne usa come medaglie al valore personale, ma basta passare per una strada qualunque, a cominciare da quella che fu il "salotto buono" di Napoli e ora è una friggitoria all’aperto, per vedere come sia dicotomica l’iniziativa celebrata a Villa Pignatelli col quotidiano modus vivendi e agendi della città. Perché cercare di compensare gli handicappati della disgrazia di esser privati di cose che sono di sollievo per lo spirito e per il corpo dovrebbe consonarsi con iniziative tese a evitare che altri disabili vadano a ingrossare le fila di quelli già esistenti. Sappiamo tutti che le strade di Napoli sono un campo minato, tra marciapiedi inesistenti o frananti e voragini di ogni dimensione e origine rimasti per decenni indisturbati nell’inerzia rassegnata dei cittadini e nella noncuranza della cosiddetta amministrazione pubblica.

È anche vero che chi passa per queste strade a costo della incolumità fisica va semplicemente a lavorare o a fare la spesa o a pagare le bollette, e non a scoprire tesori nascosti, ma è anche vero che meritano anche costoro una protezione "civile" se non si vuol cadere nella contraddizione tra un’iniziativa come "Napoli tra le mani" e l’assoluta inerzia dei consociati e dell’ente pubblico verso chi affronta quotidianamente il pericolo di uscire di casa e ritrovarsi nella categoria di quanti la Federazione citata tutela dalla perdita di contatto con le testimonianze dell’arte e del sapere. I casi di anziani morti per fratture negli ospedali cittadini, dove l’assistenza è forzatamente inadeguata dati i "tagli" ciechi alle spese indispensabili alla dignità di esseri umani, sono infiniti. Nell’elogiare quanti operano per mettere in comunicazione tra loro la città e i suoi abitanti meno fortunati, ci auguriamo che sia possibile estendere questo zelo a tutti i cittadini, curando la percorribilità delle strade dove si svolge la quotidianità della vita.

E poi anche i portatori di handicap passano per le strade della città e non tutti possono permettersi il lusso di un accompagnatore perché capita spesso in quest’incidenti di ordinaria follia che chi si rompe un osso inciampando in uno sperone di basolo o in una buca o in un altro degli infiniti ostacoli alla viabilità  e si azzarda a chiedere a chi di dovere il risarcimento per i danni subiti, sarà il più delle volte tacciato di disattenzione, di aver corso "come un giovane" (sic, da una sentenza contro un’ottantenne con frattura di femore per basolo sconnesso) o di aver guardato altrove invece di essersi concentrato a studiare la mappa minata del selciato cittadino: il giudice e, peggio, la giudice, sono sempre dalla parte del più forte. Ed ecco la vittima inserita negli handicappati non uscenti di casa a vita. Allora, permettiamoci di chiedere a tutti gli uomini e le donne di buona volontà che aprono i luoghi d’arte a chi aveva rinunciato a rivederli, di tornare per un attimo sulla terra.

Occupino con una manifestazione alla quale partecipi coralmente tutta la città il territorio cittadino segnato da barriere, ostacoli e altro che impediscono a una numerosissima parte, la maggior parte! dei cittadini di uscire di casa, a donne anziane sole di fare la spesa, a neonati di andare in carrozzella alla ricerca di inesistenti giardini. Continuino nella loro missione, ma cominciando dal gradino più basso: da una visita agli ospedali cittadini, dove anziani, handicappati, ipovedenti e gente divenuta tale per una caduta giacciono per fratture o per analoghi incidenti. Potrebbe essere uno dei modi di risvegliare Napoli dal letargo della rassegnazione, dell’abitudine allo status di terzo mondo, dalla inerzia di chi sa di non avere interlocutori ai quali rivolgersi per chiedere giustizia.





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