Il San Carlo celebra Rossini

Domani in scena il Mosè in Egitto diretto da David Pountney

    di Redazione

Andò in scena per la prima volta al San Carlo di Napoli il 5 marzo 1818, il Mosè in Egitto, quarta gemma fra i nove capolavori che Gioachino Rossini scrisse nei suoi “anni napoletani”. Il Teatro San Carlo di Napoli, per celebrare i 150 anni della morte del genio pesarese, gli rende omaggio con un’edizione del Mosè in Egitto assai originale, a firma di David Pountney per la regia, nell’allestimento - mai presentato in Italia - della Welsh National Opera. Appuntamento domani, 15 marzo, alle ore 20.00. In contemporanea al Memus (Museo del San Carlo) una ampia mostra di documenti, autografi, cimeli del Musicista a cura di Sergio Ragni.

Sul podio dell’Orchestra e del Coro del San Carlo ci sarà Stefano Montanari (Maurizio Agostini 20 marzo) che guiderà un cast di cantanti di acclarata bravura quali Alex Esposito nel ruolo del Faraone, Carmela Remigio in quello di Elcia (il 17 sarà in scena Karen Gardeazabal), Christine Rice che sarà Amaltea, (Arianna Vendittelli il 17 marzo), Osiride che avrà la voce di Enea Scala, Mosè quella di Giorgio Giuseppini (il 17 quella di Goran Juric) Marco Ciaponi (15 e 18 marzo) e Krystian Adam (17 e 20 marzo) che si alterneranno nelle vesti di Aronne, Alisdair Kent sarà Mambre e Lucia Cirillo Amenofi.

Dice David Pountney, celebre regista britannico, nonché librettista di opere tra cui tre di Peter Maxwell Davies  “La mia messinscena sarà molto semplice, astratta. Non ci sarà il deserto, e il Mar Rosso sarà evocato da rimandi iconografici. Il palcoscenico è sormontato da due grandi muri, uno rosso e uno blu, colori molto intensi che fanno pensare alle cromìe di Chagall. La sua pittura ha raffigurato molti soggetti sacri. Ma ho voluto evocare anche Rothko, i cui contrasti di colore rappresentano l’eterna lotta antagonistica tra due forze, tra il bene e il male. Ma chi stabilisce dove è il bene e dove il male? Per me quest’opera ci parla sempre di un conflitto tra politica e religione”.

Il Mosé andò in scena al San Carlo per la Quaresima del 1818, e fu ripreso l’anno successivo con il terzo atto modificato, dove comparve quello che diverrà l’emblema dell’opera: la preghiera Dal tuo stellato soglio. Interpreti furono Isabella Colbran (Elcia), oltre ad altri due punti di forza, il tenore Andrea Nozzari (Osiride) e il basso Michele Benedetti (Mosé).

 “(…) Il Mosè in Egitto si colloca giusto nel cuore del periodo napoletano di Rossini - dice Bruno Cagli - e di quell’esperienza di rinnovamento dell’opera seria italiana che, iniziata con Otello, doveva concludersi con Zelmira, prima che Semiramide ponesse il suggello alla carriera italiana del compositore. Drammaturgicamente e musicalmente le opere napoletane hanno stilemi propri: soppressione quasi costante, dopo Otello, della sinfonia di apertura, allargamento in qualche caso dell’impianto da due atti a tre, tentativo di superare i numeri chiusi con criteri nuovi. Sono queste solo alcune di quelle caratteristiche delle opere serie napoletane che Rossini non tentò di imporre nelle coeve produzioni per gli altri teatri italiani. E non è casuale che, dovendo alcuni anni dopo cercare un raccordo tra il nuovo corso della sua produzione in Francia e il suo vecchio repertorio, egli si sia rivolto proprio a due opere napoletane, Mosè in Egitto e Maometto II che, per il soggetto e la struttura, gli permettevano di inserirsi agevolmente nell’ambito del nascente grand-opéra”.





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