Il giorno dei Lazzari
Hernanes, lâ??Ecclesiaste e i gol ritrovati
di Max De Francesco
Per tutte le cose c'è un tempo fissato da Dio. Capita anche per un gol. A partita quasi finita Hernanes, brasiliano della Lazio, classe ’85, maglia numero 8, prima di innescare il sinistro e domare la smarrita Udinese, sapeva che c’è un tempo per tacere e un tempo per parlare. Nel suo Paese lo iniziarono a chiamare “Profeta” per quella sua abitudine a citare la Bibbia e a giocare da padreterno.
C'è un tempo per soffrire e un tempo per ballare. Così è scritto nel libro sacro dell’Ecclesiaste, così parla nel film “Best” l’attore John Lynch, nei panni del leggendario calciatore George Best, in uno stadio adorante per quel poeta maledetto del dribbling. Hernanes non è Best. Ha una vita tranquilla: famiglia, campo, chiesa, pizza, gelato e zero gossip. Ma come Best vive per rivelare il talento. Operazione, questa, che non va sempre liscia perché gli uomini non sono dèi e, soprattutto quando c’è un pubblico che li osanna, corteggiano inevitabilmente il senso del vuoto e della vulnerabilità.
Ogni cosa ha il suo tempo. E c’è un tempo per ogni azione sotto il sole. L’azione buona è arrivata sotto una lavagna di nuvole. Durava da tanto il digiuno del Profeta. Lontano dalla porta, senza il ritmo di gara, le gambe che non mulinavano più sogni, confuso dalla cagnara del mercato, esiliato in panchina anche a Udine. Sarebbe stata un’altra giornata d’attesa, senza corse né danze, se mister Reja non avesse capito che per vincere serviva uno con i piedi benedetti. Secondo tempo, minuto 15: Hernanes entra. Prima della rivelazione, la cronaca consegna rocambolesche visioni. La Lazio in dieci pareggia di rigore, poi affonda, colpita da una parabola futurista del combattente Badu. Poi s’alza e cammina di nuovo grazie a un inaspettato autogollonzo.
Si arriva al minuto 90 e il campo dice 2 a 2, 11 contro 10, sfiniti contro sfiniti, però il pallone ce l’ha il Profeta. Fuori dall’area, dinanzi un muro di avversari, dentro l’idea compiuta di crearsi con un doppio passo lo spazio per il tiro, dietro i giorni del silenzio. L’arco disegnato dalla palla scagliata da Hernanes è un ponte di grazia e potenza che finisce là dove i portieri non hanno diritto di cittadinanza. Il libro del Profeta si è riaperto alla pagina del gol nello stesso giorno del ritorno alla rete di Matri Alessandro e Bianchi Rolando, baldanzosi attaccanti d’area dati per morti e risorti, con due doppiette micidiali, dopo aver dormito nei sepolcri dell’oblio. Nel giorno dei "Lazzari" e dei goleador ritrovati, ha l’aroma della profezia il fatto che l’autogol più assurdo della ventesima giornata sia stato siglato dal centrocampista dell’Udinese Lazzari Andrea. Era già tutto scritto. Ogni cosa ha il suo tempo. Ogni cosa.