Arancia Meccanica al Teatro Bellini

Dal 1 al 13 aprile, con regia di Gabriele Russo e musiche di Morgan

    di Livia Iannotta

Alla sua uscita sul grande schermo, nel 1971, la pellicola spaventò. Fece quasi inorridire, nella sua crudezza, troppo prepotentemente reale e perversa per non sollevare scalpore. Lucido ritratto della violenza, quella gratuita, fine a stessa, alla quale Alex e la sua combriccola di “drughi” si lasciano andare quasi fosse un gioco; e quella sottile, mirata della “cura Ludovico”: la disintossicazione dalla violenza tramite overdose di violenza. Eppure da allora, “Arancia meccanica” è entrato nel gotha dei grandi cult-movies internazionali. Prima ancora del film di Stanley Kubrick, “A Clockwork Orange” è un romanzo di Anthony Burgess pubblicato nel 1962. Fu lui stesso ad elaborare un adattamento per il teatro. È da quel canovaccio che nasce lo spettacolo made in Italy dell’opera fantapolitica, con la regia di Gabriele Russo e le musiche di Marco Castoldi, meglio noto al grande pubblico come Morgan. Il debutto è previsto per martedì 1 aprile al teatro Bellini, e lo spettacolo sarà in scena fino al 13 aprile.

«Quando ho letto l’adattamento che Burgess ha elaborato a suo tempo per il teatro - spiega il regista Gabriele Russo - sono rimasto sorpreso e coinvolto dalla sua completa autonomia drammaturgica. Nella prima parte al linguaggio originale e caratterizzante dei quattro drughi, si alternano canzoni in versi corredate di libretto e spartito scritto dallo stesso Burgess. Trovando nella parte musicale uno degli elementi distintivi dell’opera, è stato naturale pensare ad un musicista fuori dagli schemi, prorompente ed originale, un musicista che in qualche modo somigliasse ad Arancia Meccanica». La scelta è inevitabilmente caduta su Morgan, che ha “smembrato” il “grande Ludovico Van” e firmato le musiche di una “Arancia Meccanica” contemporanea. «Mai agito in modo violento, detesto chi lo fa - ha detto Morgan - La violenza è nella musica, non nelle mani». E Beethoven, visto dall’eccentrico ex frontman dei Blue Vertigo? «Un macellaio».

L’obiettivo dello spettacolo è quello di indagare sull’esistenza del male assoluto, inteso come puro godimento. «Non a caso - ricorda il regista - lo stesso Burgess descrivendo Alex lo paragona a Riccardo III». Seguendo il fil rouge del romanzo, in cui è Alex a raccontare in prima persona la storia, il palcoscenico diventerà così lo spazio onirico del giovane, il contenitore dei suoi incubi e delle sue ossessioni. «Visioni, musiche, ritmo - continua Russo - saranno scanditi dal sentire del protagonista. La scena sarà una scatola nera al cui interno si materializzeranno le visioni di Alex, installazioni di arte contemporanea che si autodistruggeranno nella scena successiva». Linguaggio e costumi saranno, invece, più vicini alla contemporaneità italiana, allontanandosi sia dal Nadsat, lingua dei drughi inventata da Burgess (uno slang inglese con influenze russe), sia dall’ambientazione futuristica originaria.





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