Tutte le voci portano a Napoli
Suoni e profumi napoletani in lungo e in largo per le strade del mondo
di Mario Paciolla
La voce di Napoli è ovunque. Almeno ovunque io sia stato. Nell'estate del 2007, la incontrai per ben due volte in una delle capitali del mondo. Dovevamo raggiungere Westminster e cambiammo linea alla stazione di Embankment. Mentre percorrevamo gli immensi corridoi della rete metropolitana più antica e grande del mondo, un brivido entrò dall'orecchio, mentre un gruppetto di artisti di strada richiamavano alla mente l'eco d'una dolce "Santa Lucia". Il giorno dopo andammo a fare compere a Covent Garden, una delle zone più movimentate della città, costellata di mille bancarelle e numerosi ristorantini turistici. Da una di quelle piccole piazzette all'aperto uscì un cameriere tonante. L'intera piazza si fermò ad ascoltare la canzone d'amore, che come un sole uscì a rischiarare il grigio cielo londinese.
Ritrovai la voce di Napoli numerose volte durante il mio soggiorno itinerante in Andalucia. A Cadiz, piccolo lembo di terra lanciato con un lazzo di cemento nell'Oceano Atlantico, lessi il suo nome. Passeggiavo lungo il corso, con l'Oceano di fianco, in direzione opposta al castello di San Sebastian. Cercavo nell'ombra notturna la grande cupola dorata della cattedrale, quando distratto, guardando dinanzi a me scorsi una grande insegna tricolore col nome "Caruso", che dava il nome alla modesta pizzeria. Comprai una margherita pessima, piccola e costosa per rendergli omaggio nel porto dei poeti.
Giunto a Tarifa, mi persi tra i piccoli barettini del borgo marinaro ed anche lì scorsi una piccola insegna "Vesuvius Café", con una sua foto accanto.
Affrontai una lunga discussione sulla musica classica con la "Abuela Carmen", la nonna di San Sebastian che mi adottò durante il mio periodo di lavoro a Valencia. Mi disse che fremeva ogni volta ascoltava la Callas cantare e che l'Italia era stata resa grande dalla voce di Pavarotti. La ascoltai a lungo, prima di rispondere.
"Tutto quello che vuole, Abuela. Però il migliore, il re, il più grande di tutti i tempi, resta comunque Caruso...". Mi guardò un po' contrariata, sostenendo che la voce di Pavarotti forse, tecnicamente, era più maestosa.
"Probabilmente sì...l'unica differenze è proprio questa. Pavarotti canta con la voce. Caruso col cuore". Si fece una grossissima risata grossa, e mi sorrise, acconsentendo.
Potrei continuare ancora, dicendovi che l'altro giorno l'ho ascoltata anche tra i piccoli borghi fiorentini. Senza dimenticare che la voce di Napoli è arrivata sino ad Iquitos, nel pieno della foresta amazzonica.
A volte mi chiedo perchè sono costretto ad andare fuori per amare la mia città. Perché non posso essere libero di ascoltare davanti Castel dell'Ovo il vecchietto paffuto col violino e cantare con lui davanti Santa Lucia o inneggiare ad una bella giornata di sole. Perché non posso andare fiero della mia città, leggendo inchiostro parigino, Stendhal che dice che l'unica possibile capitale d'Europa insieme a Parigi e Londra, è solo Napoli. Goethe che prima di "vedere Napoli e poi morire", aveva visitato sia Roma che Firenze. Caruso, la voce pulsante e vibrante della passione napoletana, inebria le orecchie del mondo. Voce del cuore. Voce d'amore. A qualsiasi straniero mi chieda come o cosa sia Napoli, rispondo "Vedi e ascolti Napoli, poi muori", con la stessa presunzione dei vecchietti granadini nascosti nell'ombra dell'Albayzìn, che indicando l'Alhambra dicono "No hay cosa peyor por un hombre, de ser un ciego a Granada", e se ne vanno. Molte volte, per parlare di Napoli, dico semplicemente, come scriveva Croce "Napoli è un Paradiso abitato da diavoli. Gli stessi diavoli, senza onore né patria, che hanno profanato la tomba dello spirito napoletano.