LIBRI Una Nea-polis sospesa

Il "pellegrinaggio" di Magliacano e la rinascita possibile

    di Maria Regina De Luca

"Una Nea-polis sospesa" è il titolo del volume per il quale l’autore, Gerardo Magliacano, ha vinto recentemente il premio Gelsomina Verde (nome che merita non un cenno, ma un intero volume) nella cerimonia a Scampia che, come palcoscenico degli avvenimenti o dietro il sipario del racconto, fa da artefice e protagonista dei fatti narrati in questa odissea-nemesi-epopea di una città-polis chiamata Napoli. Scampia,luogo sorto nella periferia meridionale di Napoli come per germinazione spontanea, o forse per innesto a fini che preferiamo ignorare, diversamente dai luoghi celebri di Neapolis-Parthenope non evoca né capolavori architettonici né bellezze paesaggistiche. Pure, fa da sfondo al racconto e tutto finisce per farvi capo, i punti di partenza e d’arrivo, le provocazioni e le rese dei fatti avvenuti e in divenire. Quanto vi si riferisce e quanto vi accade nelle località segrete e nelle notti brave ne ha reso il nome sinonimo di tutto quanto di peggio si è inventato il nostro mondo nei suoi ultimi rivolgimenti epocali. Ma se questo sarebbe già, per chi ne è responsabile, uno di quei peccati assolvibili solo da confessori particolari, un confessore per coloro che di questo nome fanno uso come arma di offesa e di potere non possono che trovarlo in sfere che non sono di questo mondo. Aver fatto divenire il nome di un luogo simbolo di predestinazione all’infamia, conferma quell’ ‘in nomine numina’ divenuto un assioma, ed è proprio con l’impegno di smentire tale assioma che una specie di missionario laico, Gerardo, protagonista del libro, compie il suo pellegrinaggio salvifico. Nelle varie tappe di esso, il nostro Gerardo incontra diversi e insospettati apostoli che, desiderosi di diffondere una buona novella che estirpi l’oglio salvando il grano, si battono per rivendicare innocenze perdute, speranze dimenticate, voglia di riscatto e di redenzione.

Certo è che la posta in palio è immensa in un ambiente dove il più innocente degli ostacoli è un colpo di pistola. Ma l’ideale di Gerardo e dei suoi appostoli non teme ostacoli, né se ne lascia scoraggiare. Sorretti dalla tensione morale e civile verso il bene, dalla speranza non scevra di una piccola dose di illusione non come sogno, ma come fiducia nel bene e nella verità, essi si ostinano a svolgere la loro instancabile opera nella speranza di sollevare il mondo dalla melma nel quale sta precipitando basandosi sul più fragile dei punti d’appoggio possibili: la Bellezza, nel suo irriducibile e vincente contrasto coi liquami del sottosuolo. Una Bellezza che ha varie anime: la fioritura di un pescheto, che ragazzi provenienti da tutta Italia sono venuti a curare, diventando ‘coltivatori di giustizia’, la scuola usata come deposito d’armi che diventa ‘presidio di legalità’, un sacerdote coraggioso che non teme per sé, e che sarà rimosso per volontà superiore. Tutto vero, tutto valido, ma se la camorra diventa il welfare, il nemico da abbattere avrà troppi volti per poter venir centrato, bersaglio mobile opportunamente mosso dai venti politici secondo interessi nei quali non rientra certamente il Bene Comune.

Pure, l’insieme di bellezza e di armonia, il dono iniziatico di una cultura antica, la costante speranza che alita come una brezza marina su una realtà in totale dissonanza, l’opera spesso silenziosa di migliaia di persone tesa a uscire dal tunnel dell’oscurantismo e del malgoverno possono ancora rendere possibile credere, e sperare. Dinanzi a tale indiscutibile realtà, si può ancora pensare che di tutto quanto fa di Napoli, nel bene e nel male, un esemplare unico di osmosi tra passati remotissimi e presenti dissonanti possa ancora prevalere qualche valore in positivo: la Nea-polis sospesa come un dono in attesa di chi ne sappia apprezzare il valore è quella che ha donato al mondo tesori di conoscenza e di dignità umana e civile nelle sue lotte, nelle sue ribellioni, nei suoi studi, negli scritti e nelle musiche di un popolo dove la genialità creativa non è mai venuta meno. Ed è questa nea-polis antichissima che non può esser destinata ad emblematizzarsi in brandelli di territorio avulsi da ogni identità di origine, creati artificialmente da menti perverse per dar vita a moderni frankenstein al servizio del male. L’autore chiede conferma a La Capria come a Malaparte, a Mozart posto in rapporto con Napoli da De Simone, al bianco Pulcinella, compatto nella sua integrità identitaria rispetto ai variopinti Arlecchini delle altre culture. Si appella in pieno diritto alla Tarantella di Liszt e al viaggio di Goethe, alla lingua napoletana ancora rispettosa di quella antica, densa di significato rispetto a quella sintetica che non le appartiene; a Tammurriata nera, simbolo del cosmopolitismo napoletano  e alla bellezza, alla forza, alla grazia, alla poesia, alla tradizione, e spera che queste radici fragili, ma millenarie, non lasceranno attecchire un male dalle radici marce, che migliaia di uomini di buona volontà continuano ogni giorno a estirpare.

Scopo ultimo della crociata di Magliacano contro gli infedeli, contro quanti scavano i sordidi canali nei quali si disperde quanto ancora di sano, di coraggioso, di etico Napoli è capace di offrire, è quello che la città al cui ritorno tendono le forze dei tanti uomini di buona volontà possa rinascere, viva e concreta, una città-polis che tra i suoi esempi di civiltà vanta quello di offrire prima che le venga chiesto, come esemplarmente dimostra il rito del ‘caffè sospeso’, e che soprattutto possa offrire ai suoi giovani la possibilità di restare, di mettervi a frutto le conoscenze assunte in casa propria e non portarle, per oscuri piani di una politica dissennata, a fiorire altrove. Il dubbio è in limine, e la Napoli desiderata e a volte intravista per cenni o per più palesi schiarite potrebbe restare la città del sole dei nostri filosofi antichi, la terra utopica di chi, eterno Peter Pan, ne va in cerca per non lasciar disperdere l’adolescenza della vita, la stagione delle speranze che i buoni seminatori dei nostri tempi, come Gerardo e i suoi compagni di cordata, continuano, instancabili, a seminare.





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