LIBRI Il conformista
Moravia racconta l'ossessione per la normalità in un romanzo accattivante e profondo
di Roberta Errico
Nel 1951, Alberto Moravia, al secolo Alberto Pincherle, pubblica il suo nono romanzo intitolato Il conformista. Nella scrittura Moravia fu influenzato dagli studi di Freud sulla sessualità e sui rapporti familiari. L’autore racconta le vicende di Marcello. Il giovane appartiene ad una famiglia dell’alta borghesia. I suoi genitori non vanno d'accordo: il padre picchia la moglie e la donna ha un amante quasi fin dalla nascita del bambino. Il ragazzo è figlio unico e i genitori non si occupano quasi mai di lui, così il giovane passa lunghe ore da solo a soffrire questa mancanza di attenzioni.
Marcello da ragazzino scopre di avere una forte attitudine alla violenza, tanto da provare piacere nell’uccidere i piccoli animali che popolano il suo giardino. Questa circostanza lo inquieta molto, così cresce con grandi difficoltà emotive fino a quando un evento tragico sconvolgerà la sua vita. Da adolescente Marcello è vittima di un tentativo di abuso da parte di un pedofilo, l’autista Lino, che poi, nel tentativo di difendersi, ucciderà. Non verrà mai incolpato, ma il fantasma della tragedia vissuta lo perseguiterà per tutta la vita e lo spinge con disperazione alla ricerca delle “Divinità gemelle della rispettabilità e della normalità”.
L’omosessualità latente è un tema presente ma mai scandito ad alta voce all’interno del romanzo. Sin dall’infanzia si sente un diverso, ha il terrore di provare pulsioni e istinti non conformi a quelli dei suoi coetanei e che la madre non accetterebbe. Il giovane in età adulta decide di iscriversi al partito fascista non per passione politica ma per emulazione di una presunta normalità.
Marcello è ossessionato dal concetto di normalità. Il protagonista sposa una donna molto comune, acquista un appartamento popolare e diviene impiegato della polizia segreta del partito fascista: “Che altro poteva essere infatti la verità se non qualche cosa a tutti evidente, da tutti creduta e ritenuta inoppugnabile”, scrive Moravia, “Come una conferma da fornire a se stesso e agli altri della propria normalità che tale non era se non veniva, appunto, approfondita, ribadita e dimostrata continuamente”. Un giorno i superiori gli ordinano di uccidere, durante il viaggio di nozze che Marcello e la sua sposa hanno programmato a Parigi, un suo ex professore dell’Università divenuto antifascista e lui accetta. Emerge, tragicamente, l’incapacità di dire di no. La storia raccontata dallo scrittore romano contagiò, anni dopo, l’immaginario del giovane regista Bernardo Bertolucci che diresse il film omonimo interpretato da Jean-Louis Trintignant.