La vendetta del micio

Non cura i gatti: condannato per reato di abbandono

    di Adelaide Caravaglios

I gatti sono quegli amici a quattro zampe che molti di noi hanno nelle proprie case: più che animali da compagnia, sono veri e propri individui, dotati di un proprio carattere (c’è chi è più affettuoso e chi, invece, centellina le fusa); una propria autonomia (vanno e vengono per la casa come ‘padroni’, costringendo, alle volte, questi stessi a stringersi sul divano, mentre guardano la TV oppure sul letto, perché devono avere il posto più comodo); propri gusti (conosco gatti cui non piace il pesce). Sono però pur sempre creature cui voler bene, se non altro da rispettare: se proprio non ne siamo amanti, dovremmo comunque loro dedicare quella cura basilare che si dovrebbe dare a qualsiasi altro essere vivente. Quindi cibo, acqua e cambio della lettiera, come – diciamo − “minimo sindacale”.

A volte, però, capita (?) che ci si dimentichi che si tratta di esseri capaci di provare sofferenza e li si lasci soli, senz’acqua né cibo, immersi nei propri escrementi, così come ha fatto quell’uomo che, proprio per questo, è stato condannato per il reato di abbandono di animali (di cui all’art. 727 c.p.), non essendosi assolutamente curato dei gattini lasciatigli dalla ex.

Per i giudici della III sezione penale (sentenza n. 4/2019) lo smemorato signore andava condannato “per aver detenuto tre gatti in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze”: dagli atti era infatti risultato evidente lo “stato di incuria ed abbandono” (in sentenza si legge addirittura che “all’interno dell’abitazione era stata avvertita ‘una puzza veramente notevole’”).

Alla fine non c’è stato dunque nulla da fare: il ricorso è stato rigettato e l’uomo si è visto costretto a pagare anche le spese processuali: è la dura legge del micio!





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