La gabbia e la bellezza del volo

Non tutti i volatili nascono liberi. Le parole dell'avicoltore.

    di Amedeo Forastiere

Sono in molti a porre il quesito se è giusto avere animali in gabbia, in particolare gli uccelli. La natura gli ha donato le ali: per spiccare il volo verso la libertà. Questo modo di dire lo usiamo spesso. Tutti gli esseri viventi su questa terra dovrebbero essere liberi di volare. La gabbia è una prigione, qualcuno mi dirà, anche gli uomini vanno in prigione, certo, la legge prevede la galera per chi commette un reato, ed è giusto che scontino la condanna nella gabbia, ma gli uccelli che reato hanno commesso?

Non solo i volatili vengono messi in gabbia, spesso anche cani, gatti, per non parlare degli animali feroci, certo sono un pericolo, stranamente solo se vivono tra gli umani, nel loro habitat  naturale, la Savana, sono liberi di girare, correre, vivere la propria libertà. Privare la libertà è il sacrilegio più grave che si possa commettere, sia per gli animali, sia per gli umani, quando viene fatto senza alcun motivo.  

Un mio caro amico avicoltore, Pierino (non è quello delle barzellette) quando gli domando come vivono i suoi uccelli nella prigione, mi risponde: “Sono nati nella gabbia, se li lascio liberi morirebbero, non sono abituati, non riuscirebbero a volare, sicuramente  si schianterebbero al suolo”. Resto basito, queste povere bestioline, che tanto fanno innamorare le giovani coppiette al loro canto, sono condannati a vivere in gabbia. La prigione senza aver commesso alcun reato, solo perché a qualcuno piace essere svegliato la mattina dal canto del Canarino personale?

Il mio amico tiene a precisare che li cura come se fossero dei figli. E’ attento al clima, copre la gabbia nei giorni di forte sole perché potrebbe dare fastidio, li copre d’inverno per il freddo. Non fa mancare mai acqua e semi. Segue la covata come se fosse un ginecologo, la femmina come depone le uova, le toglie sostituendole con quelle finte, aspetta che tutte sono state deposte, le rimette, inizia così a covare. Di solito passano, dai tredici a quindici giorni e nascono ‘e picerilli, che non conosceranno mai, l’emozione di volare e il sapore della libertà.

Pongo delle obiezioni al mio amico, che non condivide, proprio perché nascono nella gabbia, e come se fossero una razza di uccelli diversi, quello stretto spazio e un posto sicuro, mi dice Pierino. Effettivamente li cura con amore, oltre alla mangiatoia, il piccolo serbatoio con l’acqua, il bagnetto, l’altalena. Tutto tranquillo, non gli manca niente, ma vivranno tutta la loro breve vita nella tristezza, domandandosi perché hanno le ali?

Per chiudere prendo dei versi di una delle più belle canzoni di Eduardo de Crescenzo: "Amico che voli". La storia di un uccello in gabbia, ricordando un amico libero, che è stato appena sparato da un cacciatore. Nei nostri pensieri non è mai domani, è sempre più ieri. E la gabbia che è un posto sicuro ti ci mettono bere e mangiare l’altalena per farti giocare e dondolare. E’ qui che adesso io vivo ma a che servono queste mie ali tu sei morto e io sono vivo, ma tu voli.





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