LIBRI Sotto un contorto ulivo saraceno

Aurora Cacopardo indaga giustizia e ingiustizia, dramma e commedia dell'uomo

    di Maria Regina De Luca

Nei suoi ventuno esercizi di stile, uno stile sobrio, raffinato e talvolta conciso nella sua essenzialità, Aurora Cacopardo pone la società contemporanea sul suo vetrino di analista per un esame rigorosamente obiettivo di una realtà che sembra emigrare verso confini di non ritorno. Da esperta sommozzatrice, penetra a volte nei fondali del cuore per scoprirne le zone d’ombra e di luce che generano le forme del vivere e che l’autrice sintetizza in Azioni, Parole, Sentimenti. Ecco quindi la vita che fa i suoi show  servendosi di attori improvvisati o scaltriti dal mestiere, ecco i comprimari, le comparse e gli spettatori che osservano senza volere, o senza saper capire, il dramma o la commedia dei quali inconsapevolmente sono parte in causa e quelli che dalle azioni, dalle parole o dai sentimenti altrui sono colpiti al cuore.

Ecco una fauna umana dove l’astuzia con millantate promesse ha soppiantato l’intelligenza fallendo nei suoi scopi, ecco la fauna gattesca e canina superare quella umana per sensibilità, acume e senso di giustizia del tutto o quasi latitanti nella società contemporanea. L’autrice non esprime giudizi. Lascia ai lettori il privilegio, o l’onere, di trarre la morale dalle sue brevi indagini analitiche che hanno della favola l’improponibilità del confronto col quotidiano e che l’astrattezza rende emblematiche in quanto improbabili, esemplari in quanto astratte, ipotesi di possibilità implausibili, ma non velleitarie poiché sono fatte della stessa materia della quale è fatta la vita quotidiana che ci scorre accanto e ci afferra senza lasciarsi afferrare. Talvolta ci beffa pure con i suoi giochi e c’irretisce con le sue maschere alla cui seduzione non è possibile sottrarsi: chiari di luna e fremiti di foglie, brividi di mare e tesori dissepolti, rosate aurore e contorti ulivi saraceni, tutti a far parte dell’inebriante cocktail di bellezza che, complice l’amore, ha trasfigurato per la nostra autrice la realtà in paradisi perduti che fanno capolino nel complesso tessuto della narrazione, consolatori ma fino a un certo punto, e senza che lo spirito critico ne venga alterato.

Va detto che l’intento dell’autrice non è mai didattico, ma etico, estetico e morale. Non cerca di dare un significato alla giustizia, ma prende atto che essa, oggetto di uno dei massimi Dialoghi di ogni tempo, contraddice sé stessa divenendo ingiusta e non è solo quella dei tribunali, la giustizia-ingiustizia dell’uomo sull’uomo, ma è cosmica, motivo delle sofferenze che invadono come marosi popoli e zone del mondo sconvolgendone l’essenza vitale; è storica, come quella dei meriti non ripagati che diventa regola di condotta di determinati poteri le cui piramidi non gradiscono intrusioni. Non mancano allegorie tragiche, di fiori che morendo si portano via la vita, di destini che si scambiano lasciando sulla panchina il salvatore al posto del salvato, di preghiere espiatorie e assolutorie: esercizi intriganti, da ognuno dei quali si esce per immergersi nell’altro come in un’agile nuotata verso mari e coste allettanti e luminosi. Intorno, la natura-scenario che accoglie, amplia, entra a far parte integrante e, anch’esso quanto mai intrigante, del racconto: case alberi opere d’arte colori  gravi caldi morbidi e l’alveare d’oro di un golfo…

Libro da non perdere, ma da amare e apprezzare per il delicato intreccio della trama che alterna sagacemente i colori, per percorrerne uno per uno i fili, attimi di vita in tutte le sue espressioni, le sue forme, i mille rivoli difficili da etichettare. Armoniosamente intrecciati nell’unità logico-concettuale della narrazione essi andrebbero, come le foglie di una margherita, colti uno per uno perché il fiore ci desse il suo responso. Magari le contiamo prima, le foglie, affinché l’ultima di esse, alle quali chiediamo se si può ancora sperare, credere, amare la vita, ci risponda di sì.





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