Bellezza negata

Il 4 giugno a Posillipo, dove i morti continuano ogni giorno a morire

    di Maria Regina De Luca

A conclusione delle nostre note sull’efficienza delle autorità cittadine messe particolarmente in luce nel recente Maggio dei Monumenti, poniamo questa visita a Posillipo, organizzata dalla Consulta per la tutela del patrimonio storico e delle tradizioni napoletane dell’Associazione Internazionale Regina Elena onlus, in collaborazione con l’Associazione culturale Insolita Guida. E insolita è stata anche la visita perché le autorità addette, nonostante l’appuntamento preso con ben due Associazioni, hanno ritenuto opportuno tener chiusi i cancelli d’ingresso al Mausoleo, o Tomba di Schilizzi, rendendosi peraltro telefonicamente irreperibili. Gli organizzatori hanno dovuto limitarsi a illustrare la storia del Monumento agli attoniti partecipanti, nell’attonito silenzio degli alberi, delle cariatidi, della bella facciata e di tutto quanto custodisce i giovani eroi che riposano in questo splendido e struggente hortus conclusus dei nostri perduti ideali.

Ci accomiatiamo senza commenti dai rappresentanti delle Associazioni e dagli amici intervenuti e ci avviamo senza parole per questa strada che passa lungo una costa e un mare dove la leggenda si è fatta storia e la storia è ridiventata leggenda, la strada dove la bellezza consente al dolore una pausa e la morte diventa memoria, che sale dolcemente a incoronare la collina con un Parco dedicato a Virgilio, che qui è di casa, e ha un passato che, per chi ricorda, è un eterno presente. Ognuno di questi alberi rigogliosi di un verde cangiante in infinite nuance fu infatti battezzato col nome di un caduto della Grande Guerra perché rinascessero in continuo rigoglio le vite dei ragazzi privati della loro giovinezza.

Fu nel 1881 che il banchiere livornese Matteo Schilizzi decise di edificare una tomba per la famiglia, poi acquistata dal Comune e dedicata ai caduti della Grande Guerra, e poi a quelli della seconda guerra mondiale, ai quali si aggiunsero alcuni dei caduti delle Quattro Giornate, la nostra Resistenza volutamente minimizzata, o addirittura negata, da alcune frange della politica e della storia. Fu nel 1922 che il sottosegretario alla pubblica istruzione, Dario Lupi propose, sull’esempio di Montreal, di aprire nelle diverse città d’Italia un parco dove ogni albero portasse il nome dei caduti della Grande Guerra, da rimembrare e da far rivivere nell’eterno rigenerarsi delle stagioni. Fu nel 1923 che il Parco venne inaugurato e furono più di mille i Viali della Rimembranza aperti nelle diverse città d’Italia: non Sacrari, ma Vivai; non Cimiteri, ma Radici alla cui linfa alimentare gli ideali di giustizia e di libertà, di futuro e di progresso, quelli ‘veri’, per i quali tanti giovani erano morti cantando i loro inni e le loro canzoni. Che il Mausoleo sia un’eccellenza italiana dell’arte italo egiziana è importante, ma non è un valore aggiunto alla nostra storia.

Ci vorrebbe ben altro che una denuncia d’abbandono di uno dei beni storici e artistici, lasciati perire a bizzeffe nel degrado nonostante il loro valore di fonte di reddito pubblico e privato, per tentarne un recupero. Qui, quello che si lascia premeditatamente al degrado e all’oblio è la nostra stessa vita, depauperata della memoria e della conoscenza del passato, è l’eredità negata ai giovani della conoscenza della loro storia con la premeditata distruzione delle sue testimonianze, un delitto che si aggiunge a tutti i delitti senza castigo dei quali si fa autore ed esempio, ormai endemico l’ente pubblico e del tutto tollerati da noi cittadini, in oltraggio al principio del bene comune che dev’essere alla base del buon governo. Ma se il codice di diritto canonico prevede peccati la cui assoluzione è di competenza della Sede Apostolica, la nostra tolleranza assolutoria è del tutto usurpata perché, se Cesare si prende anche quel che non è di Cesare lasciamo almeno, senza metterci al suo posto con la nostra tolleranza assolutoria, a Dio quel che è di Dio. 





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