Quel terrazzo che rendeva felici

Elogio delle piccole cose tra canzoni positive e ricordi

    di Amedeo Forastiere

Sempre più spesso sento parlare della felicità nei tanti salotti televisivi. Basta solo cercarla, è facile, come se fosse lì, aspetta noi che la raccogliamo. Così ho deciso di parlarne, spendere un po’ di tempo su l’argomento. Prima di tutto bisogna chiarire: La felicità è un diritto? In molti sostengono di sì. In particolare i filosofi, rifacendosi all’antica Grecia, quando la felicità si chiamava, eudaimonia, dalla composizione di due parole: eu (bene) e daimon (demone). In sintesi, per poter vivere felici bisognava nascere con un “Buon demone” (che non è un demonio, ma una divinità) quindi essere fortunati.

Gli antichi greci sostenevano che, la felicità non si identifica coi piaceri del corpo, anche se non è estranea alla tendenza naturale del piacere. Né col possesso di beni materiali, anche se un’estrema indigenza può rendere più difficile il vivere, eudaimonico. Aristotele diceva che la felicità è la massima aspirazione di tutti gli esseri umani. Il modo per raggiungerla, secondo il suo punto di vista, è la virtù. Vale a dire che coltivando le virtù più elevate, si raggiunge la felicità. Una visione che lascia poco spazio all’agire degli uomini, quindi partendo dal presupposto che gli esseri umani, attraverso la loro condotta, possono esercitare un controllo sulla propria vita. Ci pone di fronte alla riflessione filosofica la questione delle condizioni necessarie alla felicità.

Poiché tutti desideriamo la felicità, in che modo possiamo essere felici? Qual è il modo migliore di vivere? Che cosa intendiamo per vita buona? Si parla solo e sempre di felicità, come diritto per tutti, una volta che l’hai raggiunta, diventi immortale, Highlander. Il problema è che, i ragazzi, già confusi per tanti motivi, si perdono ancora di più, che la felicità sia nel possedere l’ultimo modello di telefonino, le scarpe alla moda, la maglia griffata. Funziona per pochi giorni, poi si abituano a quella felicità, e tutto ciò che posseggono si trasforma in bene materiale. Il desiderio supremo diventa così il principale oggetto di ricerca,  il pensiero fisso, la felicità:  Ah la felicità, ah la felicità non ricordo più che sapore ha. Cantava Simona Molinari a Sanremo nel 2013. Personalmente credo che ai ragazzi bisognerebbe spiegare bene cos’è la felicità. I media, fanno capire che dura per tutta la vita, una volta trovata. Non è così, la felicità, semmai veramente esiste, non dura per sempre, forse per questo è bella, emozionante, che ci trasmette i brividi quando la viviamo.

Alle cose belle che abbiamo nel quotidiano, ci abituiamo. Sono quelli che vengono da fuori, che ci fanno riflettere, capire che possediamo qualcosa di raro. Ricordo quando ero ragazzo, abitavo con la mia famiglia in un piccolo appartamento all’ultimo piano. Abbastanza sacrificato, ma in compenso avevamo un terrazzo, con spazio sfacciatamente esagerato, e un panorama unico. Capri di fronte, sulla sinistra il Vesuvio con tutta la Penisola Sorrentina. Il porto era a toccata di mano. Sulla destra la collina di San Martino. Alle spalle la Regia di Capodimonte.

Chiunque veniva a farci visita, quando usciva sul terrazzo, restava incantato, tutti dicevano la stessa cosa: “Quando vengo qua, è come se fossi in paradiso e mi sento felice, non andrei più via”. Ero piccolo, non riuscivo a capire perché il nostro terrazzo per gli estranei fosse la felicità, il paradiso. Oggi che sono cresciuto, non abito più in quel meraviglioso attico, capisco il perché non mi rendessi conto di quello che avevamo, la felicità era in quel panorama unico. Ma noi eravamo nati e cresciuti lì, vederlo tutti i giorni non ci dava emozioni, era una cosa normale.

Si porta i ragazzi a cercare la felicità nelle grandi cose, ma non è così. Nel 1982, a Sanremo, Albano e Romina  portarono una canzone dal titolo semplice: Felicità, scritta da Cristiano Minellono e Dario Farina. Un testo controcorrente per quegli anni. Non parlava di auto fuoriserie, ville con piscine, barche megalattiche, ma di cose semplici. Si classificò al secondo posto, diventando poi un successo mondiale. Albano e Romina cantarono che: La felicità era tenersi per mano andare lontano. Un bicchiere di vino con un panino. Restare vicino come bambini. Sentire nell’aria c’è già la nostra canzone d’amore che va, come un pensiero che sa di felicità. Non solo la felicità per vivere bene, anche la serenità, la pace, è importante. Eduardo de Filippo non cercava felicità ma qualcosa di più semplice la pace: “Io vulesse truvà pace, ma na pace senza morte”.

Cosa voglio dire ragazzi con questo? Non vi consumate la vita nel  desiderare la felicità, quella delle fiabe, ma  cercatela nelle piccole cose, rimane per sempre nei ricordi quel momento magico, anche quando svanisce. Pochi giorni fa ho incontrato un vecchio amico che non vedevo da anni, Giorgio. La vita con lui è stata violenta, spesso infame. Oggi ha un’età, vive da solo, ma il sorriso non lo ha mai perso. Ricordo con la sua battuta facile, spontanea conquistava tutti. Proprio con lui ho parlato della felicità, anche se per la sua condizione di vita mi è sembrato inopportuna. Così gli ho domandato: Giorgio, la felicità esiste? Tu riesci a essere felice? Mi risponde: A volte sì, quando faccio delle battute, spesso stupide, ma la gente ride. Beh con la battuta mi sento che ho regalato felicità, e mi fa sentire felice. Lo ascolto in silenzio, continua: “Sai cosa diceva il poeta e scrittore francese del settecento, Francois-René De Chateaubrian? La felicità costa poco. Se è cara non è di buona qualità. 





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