Multa salata per il volo dell'aquila
Quando la natura ti strega e gli uomini non capiscono...
di Amedeo Forastiere
Spesso mi capita quando viaggio in auto da solo (sicuramente anche a voi) di isolarmi da tutto, anche dalla radio che trasmette canzoni. Certo faccio attenzione, un incidente sull’autostrada è sempre pericoloso, cerco di non distrarmi, perché a una certa velocità basta un attimo di distrazione e vai fuori strada. Il nostro paese è uno dei più belli al mondo, in particolar modo il sud; non lo dico perché sono nato a Napoli. La natura ha dedicato tutta la sua arte per creare meraviglie uniche. Tempo fa, tornavo da Reggio Calabria, il tratto appenninico è molto lungo, tra ponti e galleria si perde il conto di quante, ne sono. Da quando l’hanno ampliata la Salerno Reggio, è più comoda e piacevole percorrerla. Effettivamente ci si perde tra le bellezze della natura che spuntano come per magia da un verde antico immutato nel tempo. A certo punto, credo che fosse la zona del Pollino la più alta della Calabria, da una cima di montagna, tra il verde della vegetazione e il grigio della roccia, vedo un’aquila. Non so dire che razza fosse; a me sembrano tutte uguali. Enorme, con un’apertura alare probabilmente due metri; ma forse esagero. Volava planando, abbandonandosi al vento silenzioso che spettinava il verde che copre le montagne.
Uno spettacolo unico ma non raro, chi frequenta quest’autostrada sa di cosa parlo. Nel silenzio delle montagne, il rumore del motore della mia auto si perde come a rispettare la natura. Quell’aquila in alto mi affascina, riportandomi alla mia infanzia quando restavo incantato dagli aquiloni fatti di carta e sottile bambù che realizzava mio fratello Salvatore; un vero artista. Lo guardavo affascinato mentre costruiva l’aquilone, ancor di più quando lo vedevo volare in alto nel cielo. Quella che mi affascina adesso è un’aquila vera, che volando molto in alto, sembra un punto nello spazio, che lo spazio ha per se. Poi viene giù velocemente, le ali aperte, come un aliante spinta dal vento, libera si gode tutto lo spazio che la natura le offre. Non resisto, sento che devo godermi questo spettacolo, non posso guidare e guardare allo stesso tempo, non sono bravo a fare due cose in contemporanea. Così decido di fermarmi alla prossima piazzola di sosta per le emergenze, il cartello indica 2 km. Freccia sulla destra, mi fermo. Esco mi poggio con la schiena all’auto e mi rilasso per godermi quello spettacolo che la natura ha deciso di regalarmi.
Potrà sembrarvi strano, o io pazzo, che vedovo tutto questo... ma credetemi, l’aquila si esibiva con delle picchiate quasi a toccare il guard-rail. Lo faceva per me che mi ero fermato a guardarla? Uno spettacolo divino. Tra tutti gli uccelli è l’unico a essere divino. Una bella giornata di sole, cielo limpido; ho fatto proprio bene a fermarmi e godermi la natura. Si esibisce un tutta la sua forza, maestosa, come un’attrazione circense, all’aria aperta. Poche automobili che passano, tutto è veramente rilassante, d’un tratto però, arriva un’auto della stradale, vedendo la mia ferma con le quattro frecce accese, pensa che abbia qualche problema e mi sono fermato sulla piazzola per l’emergenza.
Scendono due poliziotti, un uomo e una donna, dalle stelle che ha sulle spalle capisco che è lei il capo pattuglia, mi domanda: “Signore ha qualche problema?” . Rispondo “No grazie, tutto bene”. Un giro intorno all’auto come se cercasse qualcosa, guarda i pneumatici, tutto regolare. Poi mi domanda i documenti, non rispondo, l’aquila mi ha portato con lei, in alto tra le montagne della Calabria: ormai sono un aquilotto. “Signore” , dice la poliziotta con aria seccata. “Le ho chiesto i documenti, se non ha nessuna avaria all’auto non può fermarsi in quest’aria di sosta, devo farle la contravvenzione per uso improprio dell’aria d’emergenza”. La poliziotta è severa, autoritaria, decisa a farmi la multa; che è anche molto salata. Non so come chiamarla, se signora o capo pattuglia, le rispondo: "Vuole sapere perché mi sono fermato? Bene, glielo dico subito. Guardi lì in alto, vede quell’aquila? E’ uno spettacolo che non posso perdermi, come tutto quello che la natura ci offre. Oggi ha deciso di farmi questo regalo. Non posso non accettarlo, la natura va rispettata, trattata bene, perché se si arrabbia, poi diventa cattiva. Vede, l’aquila ci sta guardando, si fermi anche lei ad ammirarla. Mi dica, non la trova incantevole?"
Nel frattempo l’aquila ballerina, responsabile della mia fermata d’emergenza, continua nella sua danza tra le montagne del Pollino. Cerco di coinvolgere la poliziotta nel godersi quello stupendo spettacolo. Non cede. Blocco per i verbali, penna stretta, scrittura veloce. La mia aquila continua, tranquilla, serena, a volare tra il verde della natura. Il foglio del verbale in doppia copia. Non riesco a leggere bene cosa abbia scritto, la calligrafia e un po’ stile geroglifico, manco le domando cosa mi ha contestato, ma la cifra che devo pagare, beh, quelle si è chiara: 380,00 euro. Capisco che non è il caso di insistere a sensibilizzare il capo pattuglia nel godersi quello spettacolo che la natura ci offre gratis.
Mi rimetto in auto e riparto. Dallo specchietto retrovisore interno vedo l’aquila che mi segue. Mi torna alla mente il film: Abel (Abele) il figlio del vento, di Gerardo Olivares, del 2015 con Jean Reno, (Danzer, guardia forestale). Tobia Moretti (Keller padre del dodicenne) Manuel Camacho (Lukas il dodicenne che raccoglie l’aquilotto ferito). Nel film si racconta la storia di un dodicenne che vive con il padre Keller cacciatore sulle montagne austriache. Il ragazzo raccoglie un piccolo aquilotto ferito, spinto giù dal nido da “Caino”. Lukas lo porta nella sua casa, gli evita cosi una morte sicura. Assistito dal guardaboschi Danzer, si sostituisce alla madre aquila. Il piccolo cresce, arriva il giorno più importante, quello del decollo. Il guardaboschi fa capire al piccolo Lukas che le aquile da terra non riescono a volare per il loro peso, così il ragazzo prende l’aquilotto e lo spinge con la mano verso l’alto. Al primo tentativo Abel cade, Lukas non demorde finché vede il suo aquilotto spiccare il volo, felice e libero. Lukas è triste perché pensa che non rivedrà più il suo amico, ma Danzer gli dice che le aquile hanno una buona memoria, non dimenticano mai chi lì aiuta. Dopo pochi giorni l’aquilotto; ormai grande, ritorna per salutare il suo amico Lukas. Una bella storia, semplice, umana, piena d’amore. Dallo specchietto vedo che la mia aquila mi segue ancora prima di entrare in uno dei tanti tunnel molto lunghi. All’uscita la mia aquila non c’è più. E’ tornata nel suo mondo, dove non ci sono leggi di uomini grigi.