Quella 'Smorfia' al teatro Sancarluccio

Il genio del 'geometra' Troisi e l'origine del gruppo nel racconto di Lello Arena

    di Armando De Sio

Intelligente, ironico, poetico. Questi sono solo alcuni dei tre aggettivi che meglio possono descrivere la personalità di Massimo, in arte Troisi. Nato a San Giorgio a Cremano il 19 febbraio del 1953, la sua è una famiglia numerosa: è l’ultimo di sei figli e vive con i genitori, due nonni, gli zii e i loro cinque figli. Comincia a interessarsi al teatro a quindici anni, quando ancora frequenta l’istituto tecnico per geometri. Il primo gruppo teatrale in cui recita si chiama “I saraceni” e vi fanno parte oltra a Troisi, Lello Arena, Enzo Decaro, Valeria Pezza e Nico Mucci. Fondano nel 1972 il Centro Teatro Spazio in via San Giorgio Vecchio e inaugurano un tipo di teatro che attinge alla farsa napoletana e al cabaret.

Nel 1977 nasce La Smorfia. Troisi, Arena e Decaro si presentano al Sancarluccio di Napoli, che per un improvviso forfait di Mastelloni deve ricorrere a una sostituzione. Ricorda la proprietaria del teatro di allora, Pina Cipriani: «Si decise di cambiare nome al gruppo, Massimo fece un gesto curiosissimo con la bocca, io risi talmente che lui esclamò: “Se ti ho fatto ridere ci chiameremo La Smorfia”». Ricorda Lello Arena (autore del libro "C'era una volta", Rizzoli Editore) di quel periodo: «Eravamo tre ragazzi allegri, io come maestro elementare, Massimo come geometra, Enzo con la maturità classica in tasca. Sui palcoscenici della “Smorfia” ricordavamo a tutti che il lavoro a Napoli non è mai solo, ma sempre accompagnato da un aggettivo: minorile, nero. Massimo era l’angolo acuto del nostro triangolo, era ed è sempre stato il Pulcinella che discendeva da un pulcino e non da un uccello rapace. Mi ricordo quando, magrissimo, con la calzamaglia nera, entrava in scena. Nella nostra vita mi diceva che non avremmo potuto fare nient’altro che gli attori. Ci univa un’infanzia con le radici affondate nella stessa cultura. La nostra complicità era diventata forte anche perché si era nutrita di tourneé in cui, come la prima volta a Torino, al Centrale, in platea avevamo contato sedici persone. E poi, qualche tempo dopo, ci eravamo ritrovati con i teatri affollati. Non si può raccontare un’amicizia com’è stata la nostra: fatta di giornate chini a scrivere, a inventare, a scherzare. E di passeggiate per Napoli, con Massimo che inventava quelli che chiamava i suoi “elogi del paradosso”. Se dovessi scegliere una frase che mi lega a Massimo, ne direi una soltanto che spesso mi ripeteva, sorridendo, alla fine del nostro lavoro: “Lello, vai a casa contento: qua con noi, nessuno è senza famiglia”».

Troisi con la Smorfia approderà in televisione a “Non stop” nello stesso anno e poi comincia la sua carriera cinematografica, in cui unisce la triplice figura di attore-sceneggiatore-regista: “Ricomincio da tre”, nel 1981 con Lello Arena, “Scusate il ritardo” del 1982, “Non ci resta che piangere” con Roberto Benigni del 1984, “Le vie del Signore sono finite” del 1987, “Pensavo fosse amore e invece era un calesse” del 1991 e “Il Postino” del 1994, anno della sua scomparsa. Ma come dice Roberto Benigni: ”Ha fatto più miracoli il tuo verbo/ di quello dell’amato San Gennaro”.





Back to Top