Quel palazzo che guarda il bosco

Palazzo Reale di Capodimonte, il tesoro di Carlo III di Borbone

    di Liberato Russo

Sito all’interno dell’omonimo bosco a dominare la città di Napoli, è il Palazzo Reale di Capodimonte meglio conosciuto oggi come Museo Nazionale di Capodimonte, vero e proprio scrigno di tesori tra i più importanti d’Italia. Capolavoro di Carlo III di Borbone, che dopo aver conquistato Napoli e la Sicilia, affidò all’architetto palermitano Antonio Medrano il progetto per la costruzione della reggia che doveva celebrare il ruolo di capitale del regno che Napoli avrebbe rivestito da quel momento.

I lavori, affidati al romano Angelo Carasale, iniziarono il 10 Settembre 1738 e proseguirono a lungo causa la scarsità di risorse economiche che confluivano nella coeva reggia di Caserta.

Oltre alla vastità e la felice posizione dei 124 ettari di bosco dove ritemprarsi dopo le battute di caccia, altro motivo che spinse il re a realizzare il palazzo fu il bisogno di dare una degna sistemazione alla collezione d’arte di casa Farnese ereditata dalla madre Elisabetta, con opere dei più grandi maestri italiani dal Rinascimento al Barocco, rendendo chiara fin da subito la doppia funzione che il palazzo avrebbe svolto: residenza regale e sede museale.

Di stile neoclassico, proprio delle corti europee, il palazzo si presenta rigoroso e solenne con le facciate in stile dorico con delle membrature in piperno grigio che contrastano efficacemente col rosso napoletano delle pareti.

Intorno al 1743 fu opera di Ferdinando Sanfelice sistemare i giardini, concepiti in maniera autonoma rispetto alla reggia, tenendo conto dell’attività venatoria, vera e propria “funzione di Stato”: combinando elementi italiani, francesi e inglesi in una scenografia di chiara impostazione barocca, con viali alberati (oltre 4000 le varietà di alberi secolari) ricchi di statue in marmo. Inoltre Sanfelice realizzò l’edificio che avrebbe ospitato la fabbrica delle porcellane e la cappella dedicata a San Gennaro. Quando Carlo III fu chiamato al trono di Spagna toccò al terzogenito Ferdinando IV ereditare la corona del regno. Ultimate solo nel 1758 le sale dedicate alle esposizioni, ulteriormente arricchite dalle collezioni borboniche, il palazzo fu preda più volte di saccheggi, tra cui quello del 1799 sia ad opera dei napoleonici, che dello stesso Ferdinando, che costretto a fuggire in Sicilia, porto con sé buona parte delle opere che non fecero più ritorno.

Solo nel 1833 con Ferdinando II, il palazzo sarà ultimato sotto la direzione dell’architetto Tommaso Giordano, con la costruzione dell’ultimo corpo di fabbrica e l’elevazione del cortile settentrionale, e l’abbellimento e le decorazioni affidate a Salvatore Giusti e Giuseppe Mazzocchi.

Per tutto l’Ottocento e in seguito all’Unità d’Italia, il museo accrescerà ulteriormente le sue opere, tra cui la collezione Borgia e la raccolta dei maestri napoletani, continuando a rivestire il doppio ruolo di residenza reale dei Savoia, in particolare della regina Margherita e di Vittorio Emanuele III, e di prestigioso polo museale, ruolo che svolgerà esclusivamente dal 1957 in seguito ai lavori di riparazione per i bombardamenti dell’ultima guerra mondiale.





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