Peppe Zotti, eclettico visionario

L'artista beneventano si confessa: Dio, la creatività, il successo

    di Vincenzo Maio

Il maestro d’arte contemporanea Peppe Zotti nasce nel 1961 a Benevento, città dove vive e lavora. Nelle sue opere si concentrano le eclettiche attitudini artistiche che spaziano dalla pittura alla scultura, dalla poesia alla musica, alla scenografia, al teatro. Artista polimaterico e visionario, manifestò la sua carica artistica sin da fanciullo. Nella sua sperimentazione attinge dalle tecniche bizantine: religiosità, antiplasticità e antinaturalismo intese come appiattimento e stilizzazione delle figure volte a rendere una smaterializzazione dell’ immagine.

L’ultima mostra del maestro si è conclusa lo scorso 13 marzo alla Rocca dei Rettori di Benevento con una personale dal titolo “Shemà Israel Dabar Adonai”. Sono state presentate opere in pittura e icone ispirate all’Anno Giubilare della Misericordia indetto da Papa Francesco.

La dott.ssa Rita Clemente ha scritto: «Nell’intera opera echeggia il trionfo vivido dell’animo sensibile, romantico e idealista dell’ Accademico del Verbano: Zotti, artista che vive i sentimenti e i valori metafisici e assoluti dell’ amore e del rispetto con grande intensità e trasparenza. Pittore espressivo dalla personalità estroversa, mostra una buona fiducia nelle proprie idee, ambizioni e aspirazioni».

A quale corrente artistica appartiene?

«Si dice che sono un transavanguardista neoclassico. Transavanguardista per le forme e gli scenari dove si svolgono le tematiche dei miei quadri. Neoclassico perché riesco a far vedere bene le figure soprattutto dei corpi, anche se magari leggermente deformi per una mia scelta iconoclasta».

Come è nata la sua passione per l’arte?

«La mia passione per l’arte è nata con me, perché ho fatto la mia prima mostra a sette anni. Poi si è sviluppata, e non ho mai pensato di abbandonare, perché mi piace, e vivo proprio dipingendo».

Quali sono i modelli a cui si ispira?

«Dio e i temi religiosi che possono portare a una definitiva scelta di conversione».

In che modo è progredita nel tempo la sua tecnica?

«Questo lo dobbiamo far decidere agli altri. Credo che sicuramente si sia sviluppata di più sia nei canoni delle tematiche che anche nello stile, nell’ uso di materiali diversi. Qualcuno dice che sono un buon polimaterico. Infatti mi piace studiare nuove soluzioni e nuove tecniche pittoriche. Però quello che mi rimane sempre nel cuore sono gli acquerelli e le tempre per gli affreschi. Questi materiali sono adatti a dipingere il sacro con un’oggettività d’immagine, senza trasbordare oltre l’immaginario e quindi renderli troppo astratti, perché l’immagine sacra deve essere un segno netto, preciso e oggettivo».

Che cosa si può fare per stimolare l’interesse del pubblico per l’arte?

«L’interesse del pubblico viene stimolato al di là del tambureggiare dei media e della pubblicità. Credo che venga stimolato soprattutto nell’intento di lanciare un messaggio serio, sicuramente religioso nel mio caso perché mi sono consacrato alla pittura sacra. Però un messaggio serio di arte seria, non eccessivamente concettuale ma pratica, di esperienza del visivo».

Secondo lei le capacità artistiche sono naturali o acquisite?

«Penso che siano naturali. Di acquisito può esserci una miglioria della capacità artistica, con l’impegno, con lo studio, con la perseveranza».

Vi sono artisti locali che hanno fatto fortuna all’estero. Allora è proprio vero il detto “nemo propheta in patria”?

«Certamente. Anch’io credo di avere più fortuna all’estero. Però bisogna cercare di esserlo anche in patria, perché la prima culla è quella della nazione che ci ospita, la prima terra su cui camminiamo è quella del nostro paese. Quindi comunque non ci si deve arrendere, e si deve dialogare molto con il prossimo, specialmente dal punto di vista dei contenuti della propria arte».

Qual è il segreto della sua creatività?

«Non è tanto un segreto, e credo che sia la cosa più evidente della creazione: è Dio».

Qual è stata la più grande soddisfazione della sua carriera?

«Parecchie. Al di là dei riconoscimenti per le mie esposizioni  all’estero, ho molto a cuore dei riconoscimenti della Chiesa Cattolica ed anche un riconoscimento al merito per l’ opera iconografica elargito dall’ Archimandita della Chiesa Ortodossa in Sardegna. Ho vinto l’Oscar della pittura a Monterotondo. Le mie opere sono a New York, Dallas, Atlanta, Londra, in Madagascar e Kenya; in Italia, tra le tante località, si trovano anche a Milano, a Venezia, a Palermo e a Roma ( palazzo Barberini – sala della Lupa)».

Programmi per il futuro…

«Continuare a fare le icone e continuare ad illustrare la gloria di Dio, nei limiti che il Signore mi dà con la mia grazia e con la mia capacità».





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