I figli so' piezz' 'e core

Come matura nel tempo il rapporto con i genitori, senza cambiare

    di Amedeo Forastiere

Sui figli è stato detto di tutto e di più. Sono state scritte poesie, canzoni, girati film e commedie. Sono e saranno sempre l’unica ragione di vita. Perfino quando danno preoccupazioni, sono disubbidienti, si allontanano senza nemmeno dire "ciao", noi genitori soffriamo, ma non lo dimostriamo. Parlare dei propri figli non è facile, sono tutti belli e bravi, Il vecchio detto dice: ogni scarafone, è bello a mamma soja.

Quando sono piccoli e muovono i primi passi con la paura di cadere, noi siamo sempre lì, pronti a sorreggerli, a incoraggiarli: dai, forza che ce la fai. Poi riescono a camminare da soli con sicurezza e noi diventiamo soddisfatti e orgogliosi, capiamo che stanno diventando grandi, anche se la sera continuano a cercare protezione addormentandosi tra la braccia di mamma o di papà.

Con il passaggio all’adolescenza si cambia molto. I primi peletti sulla guancia, maggiore cura allo specchio per far colpo su qualche ragazzina. I padri sono orgogliosi, il figlio promette bene, e rivedono come in una moviola l’adolescenza passata. Più difficile con le figlie: accettare che stia diventando donna non è facile.

Nel 1980 Adriano Celentano incise una canzone che parlava della figlia Rosita che cresceva. Pare, da alcune indiscrezioni, che Celentano fosse nella sua casa con Toto Cutugno e Cristiano Minellono, autori di molti suoi successi, il primo per la musica e il secondo per il testo. Stavano decidendo i brani per il nuovo album. Celentano fu distratto dalla figlia che girava per casa con passo da donna. Ne parlò con Cutugno e Minellono.

La mia Rosita sta crescendo, con la sua Barbie è da un po’ che non gioca più e il suo passo è da donna ormai. Al telefono parla sempre a voce bassa quante cose in quel filo fiato e vorrei domandarle chi è, ma lo so che ha vergogna di me. Sempre allo specchio con il trucco. Mi è strano ma è proprio lei, quattordici anni e un po’ di più, le calze a rete han preso già il posto dei calzettoni. Tra poco la sera uscirà, quelle sere non dormirò mai.

Cristiano Minellono, grande autore e paroliere, realizzò quello che secondo me è stato il brano più bello inciso da Celentano, nel quale si può rivedere ogni uomo alle prese con la figlia che cresce: Il tempo se ne va.

Per uno strano effetto di magia, non ci si rende conto che il tempo passa. Non solo non vogliamo accettare l’invecchiamento che solca il volto con le prime rughe, ma non sopportiamo l'idea di vedere nostro figlio diventare grande, mentre noi lo vorremmo sempre bambino. Vogliamo giocare con lui, prenderlo in braccia, vederlo entrare nella nostra camera da letto con il cuscino sotto il braccio, nelle sere d’inverno quando fuori c’è il temporale: Posso dormire con voi? Ho paura dei tuoni e dei fulmini.

Un mio amico si sposò giovanissimo, a vent’anni era già padre. Oggi, a settanta, ha il primo figlio che ne ha cinquanta. Ci siamo incontrati al solito bar, mi ha invitato al compleanno del figlio, il suo primo mezzo secolo, e mi ha detto: Vieni alla festa di Fausto? Mio figlio, è molto affezionato a te, ricorda sempre quando lo portavamo nel bosco di Capodimonte insieme ai tuoi ragazzi con le bici. È da molto che non lo vedi, sai ha già qualche capello e pelo di barba bianco, mi fa un certo effetto quando mi bacia. Ormai è un uomo maturo. Sembra ieri quando lo prendevo in braccia!

Un altro mio amico, Gianni per gli amici, per la mamma è sempre Giannino. Fa l’attore, gira da una città all’altra, tutti i giorni chiama l’anziana madre per sapere come sta, e lei la prima cosa che domanda è: Gannino hai mangiato? Oggi fa friddo te' miso a maglia 'e lana?

Ne conosco un altro, Andrea, che ha tre figli, due maschi e una femmina (ai miei tempi ci si sposava presto, quelli della mia età hanno tutti i figli sui cinquant’anni). L’ultima, ’a piccerella, sposata con due figli, donna di quarantacinque anni, lo chiama ancora babuccio, sedendosi sulle gambe come faceva da piccola, Andrea dice ancora quando va da lei: Vado dalla mia piccerella.

Ieri una scena mi ha colpito molto. Mi trovavo in ospedale per degli accertamenti di routine. Ero nel corridoio in attesa che alla radiologia chiamassero il mio nome, quando ho visto un uomo molto anziano. Era messo male, poco si reggeva, appoggiandosi al bastone da un lato e dall’altro al braccio di un giovane. Era il figlio, lo incoraggiava: Dai papà, piano piano, non ti preoccupare ci sono io che ti sorreggo. Ho pensato: chissà quante volte avrà detto la stessa cosa il padre al figlio quando era piccolo.

Il ruolo del figlio regge fin quando il genitore è in vita. Solo dopo la dipartita, il figlio perde il suo ruolo e diventa vecchio.

Alla prossima ragazzi.





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