Il giardino dei ciliegi

La regia di Luca De Fusco ha inaugurato la stagione del Mercadante

    di Teresa Mori

Inaugura al top la stagione del Mercadante, mercoledì 19 novembre è andato in scena, dopo il grande successo riscosso durante il Napoli Teatro Festival 2014, Il giardino dei ciliegi di Cechov, per la regia di Luca De Fusco.

Dopo l’Antonio e Cleopatra di Shakespeare, durante la scorsa stagione dello Stabile, De Fusco rielabora un altro grande classico della letteratura.

“La regia de Il giardino dei ciliegi – scrive il regista – è frutto di una intuizione antica e dello sviluppo recente del mio lavoro sul linguaggio scenico. L'intuizione antica è che si possa leggere Cechov in modo mediterraneo. Ho sempre pensato che questi possidenti terrieri, incapaci di lavorare, di lottare per la loro sopravvivenza, questa gente che è morta di champagne, o che si è mangiata un patrimonio in caramelle, somigli a quella che sarebbe dovuta essere la classe dirigente del nostro mezzogiorno nel secolo scorso…”Il sapore meridionale – continua De Fusco – dei dialoghi dei miei attori, il candore un po’ infantile e un po’ mediterraneo dell’ambientazione della vicenda sono determinati quindi da questa antica idea che mi porto dietro da anni”.

Tutto gira attorno ad una vecchia casa e alle peripezie della protagonista (Ljuba) un po’capricciosa, un po’matta, un po’arresa alla vita.

Ljuba torna a casa dopo una lunga permanenza all'estero, in cui ha condotto una vita lussuosa e alla giornata assieme al suo amante, dilapidando tutti i suoi averi, e trova una situazione patrimoniale davvero spaventosa. 
L'antica casa piena di ricordi familiari, con il meraviglioso giardino citato perfino nei libri di botanica dovrà essere messo all'asta in agosto per pagare nuovi debiti. 
Lopachin, un giovane ricco commerciante che si è fatto da solo e il cui padre era stato servo nella casa di Ljuba, consiglia la donna di abbattere i ciliegi e di lottizzare il giardino, destinandolo alla costruzione di villette. 
Ma sia Ljuba che il fratello Jaša un uomo dalla personalità inconcludente che ha nel biliardo la sola ragione di vita, rifiutano la proposta. 
Infatti dice Ljuba: " Io sono nata qui, qui sono vissuti mio padre, mia madre, mio nonno! Io voglio bene a questa casa, senza il giardino dei ciliegi io non capisco più la mia vita!" 
Passa un po'di tempo e pare che ogni protagonista della vicenda, sia esso padrone o servo, intellettuale o ignorante, coltivi una segreta speranza.

Una rilettura stuzzicante dove il giardino dei ciliegi sembra tramutarsi in un grande oliveto campano, i personaggi, infatti si confrontano attraverso una mimica tutt’altro che “settentrionale” cedendo anzi più volte a chiari modulazioni partenopee.

Tutto è nel segno del ricordo. Colpi di scena costanti. Elementi che suscitano il tempo dell’infanzia e della prima giovinezza. E’ su di essi che De Fusco ha voluto costruire il suo “Giardino”, immergendo le scene in un clima di ritrovato candore infantile, libero dai dolori che sarebbero intervenuti in seguito a cancellare quell’universo giocoso. Attraverso questa prospettiva trovano quindi ragion d’essere gli abiti limpidi dei personaggi, il pallore degli ambienti minacciati da rigidi aquiloni immobili in un cielo scuro, la presentazione dei protagonisti allineati sulla scala che porta giù, alla casa antica. Del giardino fiorito si parla ma non lo si vede; è anch’esso un miraggio sognato, mentale più che visivo, e per questo dotato di permanenza spirituale in chi lo ha amato.





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