Perche' vedere 'Mio fratello, mia sorella'

Ottima prova di Claudia Pandolfi e Alessandro Preziosi nel film con la regia di Cappucci

    di Eugenia De Luca

È da poco passato un mese da quando Netflix ha inserito nel suo portale un nuovo film, prodotto da Mediaset, con la regia Roberto Cappucci: “Mio fratello, mia sorella”. Il cast è ricco: da Claudia Pandolfi ad Alessandro Preziosi, Stella Egitto, Caterina Murino ed i giovanissimi Ludovica Martino e Francesco Cavallo. La storia parte da un lutto, quello del padre di Tesla e Nik (Claudia Pandolfi, Alessandro Preziosi) docente di fisica astronomica ben stimato e ben voluto da una schiera fitta di colleghi, amici, studenti e soprattutto dalla sua famiglia Tesla, Carolina e Sebastiano (figli di quest’ultima); dato per assente, ma salvato in calcio d’angolo dalla fine della cerimonia, è proprio Nik il primogenito, anima libera in lotta eterna con questo nucleo familiare ed appassionato di kite-surf.

Sarà proprio con l’apertura del testamento che i fratelli, divisi da un vuoto incolmabile di anni ed incomprensioni, dovranno affrontare l’ultima sfida che il papà Giulio ha messo in riserbo per loro: convivere un anno sotto lo stesso tetto. Tesla appare amareggiata e disorientata in quanto vede in questa iniziale convivenza un pericolo per suo figlio Sebastiano, adolescente affetto da disturbo schizofrenico sotto cura di farmaci e sotto un’attenzione scrupolosa proprio di lei che cerca di non destabilizzare troppo la vita dell’adolescente già compromessa da diversi fattori. È proprio grazie a zio Nik, che Sebastiano riuscirà ad assaporare un po' di vita normale come mangiare in compagnia, o tornare a suonare l’amato violoncello senza pressioni.

Nik riesce per un momento ed essere un elemento riequilibratore in una famiglia che ormai vive sepolta nel ricordo e nell’ansia ma soprattutto dona a tutti i suoi componenti il loro ruolo reale che ormai il destino aveva compromesso. Un inno all’unione, alla familiarità e alla leggerezza. Attenzione al finale, finirete per iniziare a lacrimare credendo nel peggiore degli “happy ending”, trattenete il fiato e fidatevi… ne varrà la pena!





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