Antonio Riscetti, l'altro cabaret

L'uomo dei PenZavo porta al Sancarluccio Terabac, spettacolo ad alto contenuto di ironia

    di Vanna Morra

Il 16 gennaio, nel cuore di Napoli, al Nuovo Teatro Sancarluccio, ha preso il via “Terabac, l’altro cabaret”, una squadra formata da comici, attori e performer capitanati da Antonio Riscetti, attore e autore partenopeo. Lui, l’uomo dei “PenZavo”, ironico e geniale nelle sue riflessioni, che condivide con noi anche sui social, ha messo in piedi un progetto ambizioso che, dopo esserci stata, mi sa di scommessa già vinta.

Com’è, buona la prima? Direi anche buonissima! Ero incuriosita dal fatto che fosse lui “il Boss”, e che fosse un buon prodotto lo si immaginava perché è un perfezionista ma la qualità e la bravura artistica del cast sono andate oltre le mie aspettative. Lo spettacolo è stato aperto da voce e chitarra di Zorama, cantautore napoletano, seguito poi da Riscetti che con il suo fare semplice e i capelli “a fungo” - così come li ha definiti l’attrice/psichiatra che lo “assiste” in scena - ci ha presentato il Terabac e man mano i suoi ragazzi. Tra i nomi: Vincenzo Comunale, giovane comedian visto anche a Zelig, Luca Bruno e MagoElite. Vincenzo De Lucia, ormai noto imitatore delle signore della tv, ha fatto da "madrina" della serata praticamente diventando Mara Venier e, ciliegina sulla torta, lo special guest Alessandro Bolide.

Abbiamo riso tutto il tempo, lo spettacolo è stato coinvolgente e mai volgare, si è creata empatia tra attori e pubblico, sembrava di essere in un salotto tra amici. Prima della chiusura del sipario, così come l’ha aperto, ritorna Zorama, ci salutiamo e ci piace già l’idea di ritornare per un’altra serata e un’altra ancora.

Antonio, per chi non c’è stato e vorrà esserci, cos’è “Terabac, l’altro cabaret”?

Se si legge con attenzione si può facilmente capire che Terabac è “cabaret” al contrario. Negli ultimi anni si è confusa la figura del cabaret, anche con quelle barzellette che spesso si vedono in televisione, quindi la mia intenzione è quella di riportare sul palco la sua vera essenza. Dunque uno spettacolo in cui si riderà ma soprattutto si sorriderà, uno spazio non solo di comicità ma di ironia. L’ironia ti permette di parlare di un problema e al tempo stesso di alleggerirlo. I temi trattati saranno soprattutto quelli dell’attualità, voglio che Terabac abbia anche qualcosa da dire, spunti su cui poter riflettere, voglio che sia un generatore di emozioni.

L’altro cabaret, cos’ha di diverso?

Oggi si immagina l’arte del cabaret come un’arte minore, c’è chi si atteggia perchè fa teatro ma a questa gente vorrei dire che si sta attenendo a un testo che gli è stato affidato. Far ridere, diceva Totò, è più complicato che far piangere. Se da qualcosa di negativo o triste riesco a tirar fuori un sorriso, ho fatto una cosa molto più difficile di chi interpreta un testo drammatico.

Quello che ha di diverso Terabac è il ritorno alle origini, vorremmo tornare a quando il cabaret era anche denuncia e quindi tirare fuori anche quello che c’è in ognuno di noi. C’è bisogno di nuovo di qualcuno che abbatta il muro di silenzio legato alla nostra intimità, alle nostre paure. Ecco perché tratto il tema della paura in prima persona. Ho notato che se ne parlo in terza persona gli altri si sentono attaccati, se invece parlo delle mie paure pensano “ah, pure lui!?”. E quindi facciamo comunione e comunità.

A me è piaciuta un sacco, per te com’è andata la prima?

Bene, c’è stato tanto entusiasmo, il pubblico si è divertito ed è stato coinvolto per tutto il tempo. È la prima volta che mi trovo ad organizzare personalmente un evento di questo tipo, l’ho sempre proposto ad altri e nessuno ha voluto osare, non si ha il coraggio di mettere in piedi progetti nuovi. Così ho osato io. Non so quanta vita avrà questo progetto ma farò il massimo affinchè possa durare più a lungo possibile. Le risorse umane ci sono. Per questo primo appuntamento abbiamo avuto poco tempo per provare ma abbiamo avuto una grande energia che ci ha permesso di fare una buona prima.

Quali saranno i prossimi appuntamenti?

Voglio portarlo in scena il secondo mercoledì di ogni mese. Il prossimo appuntamento sarà il 12 febbraio, poco prima della festa degli innamorati. Potremmo prendere spunti e fare una sorta di serata a tema con testi che siano legati a San Valentino.

Come mai il Teatro Sancarluccio?

Il Sancarluccio è la bomboniera di Napoli. È uno spazio di 76 posti e il cabaret che piace a me non è da platea ma una cosa per pochi intimi. Preferisco gli spazi raccolti perché mi piace parlare con le persone, ogni tanto mi piace che si incrocino gli occhi. Il Sancarluccio è dove mi portava mio padre, sta al centro della città e spero che qui il “Terabac” abbia un suo pubblico. Purtroppo, oggi, l’attore si trova spesso con un pubblico che sta lì solo perché ha già comprato l’abbonamento. È un riempitivo di tempo come puo’ essere il cineforum, il bridge… Noi in questo caso lavoreremo solo per persone veramente interessate, quindi è un’ulteriore grossa scommessa.

C’è ancora un casting in corso per i comici?

Finchè avrà vita il "Terabac", il casting sarà sempre in corso ma non solo per i comici.

Quando ti ho detto che sto seguendo la Stand Up Comedy mi hai risposto che in genere si tende troppo a scimmiottare gli americani. È per quello che non riesce ad attecchire qui da noi? Quali sono o dovrebbero essere le differenze, quindi?

La differenza è innanzitutto culturale e di conseguenza nel linguaggio. Gli americani possono dire determinate cose e in modo sguaiato perché fa parte della loro cultura. Noi, per fortuna, questa cultura non l’abbiamo. Il nostro modo di parlare comune non è fatto di quei termini che mi fa pure senso nominarli. Vedo persone, soprattutto molti romani, che si sono avvicinati a questa cosa e sì, li vedo che scimmiottano gli americani. Abbiamo tanti esempi a cui ispirarci, posso citare Nino Taranto, che non era solo una macchietta, Peppino De Filippo… Ma dico, perché non guardiamo i nostri mostri sacri invece di guardare sempre ‘sti americani?! Vado a vedere spesso gli spettacoli di stand up e mi dà fastidio anche l’atteggiamento che hanno con il pubblico, si mettono lì a mo' di professori come a dire: “Io ti dico questo, se non capisci è colpa tua!” Io invece, sono per regolarmi in base alle persone, se sto parlando con un tedesco non posso continuare a parlare in italiano.

Qualcuno bravo ci sarà a fare Stand Up Comedy?!

Certo, ce ne sono alcuni bravi, però oggi dicono tutti che fanno stand up. Mi piacciono molto Pietro Sparacino e Filippo Giardina. Poi c’è Saverio Raimondo che un bravissimo speaker, bravo in televisione e in tutto quello che fa, però, che non sia uno spettacolo. Un’ora sul palco, faccia a faccia con il pubblico, non è proprio cosa sua. Per fare cabaret ci vuole comunicazione, devi saper parlare con tutti, questo Raimondo non ha mai parlato con nessuno, te lo dico io!

Autore, attore, cabarettista… Tu dove ti collochi?

Io mi sento più autore. In passato ho scritto anche per altri ma sono molto geloso delle mie idee e allora ho deciso di scrivere solo per me. Sto scrivendo il mio film ora, il soggetto è già stato accettato e comprato da Lucisano, una delle maggiori società di produzione italiane e sono spesso a Roma, in questi giorni, dove stiamo discutendo di una serie televisiva sempre scritta da me.

E questa cosa di penZavo, invece, come l’hai penZata?

PenZavo l’ho penZata perché mia figlia sbagliava alcune consonanti e le parole con la S le venivano con la Z, mi piaceva questa cosa e quindi mi è venuta così.





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